Palazzo del Comune (già De Nobili): Dove la Storia incontra il Potere
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Descrizione attrazione
1784, rifacimenti sec. XX
Sulla via Giovanni Jannoni, sorge l’elegante sede del Municipio: un palazzo che racchiude in sé oltre due secoli di storia cittadina, dalle origini settecentesche come dimora nobiliare fino alla trasformazione in simbolo del potere civico. Questa è la storia di un edificio che ha ospitato re e sindaci, che ha visto nascere l’Italia unita e crescere la Catanzaro moderna.
Dalle Ceneri del Terremoto: La Nascita (1784)
Il palazzo nacque nel 1784 dalle ceneri del devastante terremoto del 1783, quando la famiglia De Nobili della Bagliva decise di costruire la propria dimora patrizia su quella che allora era chiamata Croce di Santa Chiara, per la vicinanza al trecentesco convento delle Clarisse (oggi sede della Legione dei Carabinieri).
La costruzione dovette rispettare i rigidi parametri antisismici imposti dal governo borbonico: solo due piani, piano terra e piano nobile, una limitazione che paradossalmente contribuì a creare un’architettura di rara eleganza e proporzioni perfette.
L’Architettura Originaria: Eleganza Settecentesca
Il palazzo settecentesco mostrava la sua nobiltà attraverso una facciata caratterizzata da:
- Bugnato liscio al piano terreno, dove si aprivano botteghe
- Portale in pietra a tutto sesto al centro (oggi trasformato nell’arco ribassato dell’androne)
- Fascia marcapiano che separava i due livelli
- Balconi semplici al piano nobile
- Oculi ovali per l’illuminazione delle soffitte
- Cornicione modanato aggettante
La Visita Reale: Giuseppe Bonaparte (1806)
Il momento di massimo splendore della dimora nobiliare arrivò dal 24 al 26 aprile 1806, quando Re Giuseppe Bonaparte fu ospite del barone Emanuele De Nobili e di sua moglie Olimpia Schipani.
Per accogliere degnamente il sovrano, la baronessa fece tappezzare le sale con raso celeste broccato con sete policrome e amaranto, tessuto appositamente creato con un motivo decorativo a piccoli fiori. Questo prezioso tessuto sopravvive ancora oggi e viene utilizzato per “vestire” le lesene e gli archi della Basilica dell’Immacolata durante la solennità della Madonna.
Il Passaggio al Comune: Una Vendita Forzata (1863)
Il 23 giugno 1863, con atto del notaio Spadola, la famiglia De Nobili fu costretta a vendere il palazzo per motivi finanziari. Il Comune lo acquistò per 67.998 lire, una cifra considerevole che rifletteva l’importanza dell’edificio: sedici vani di prima classe, sei di seconda e dodici di terza classe.
Nonostante una lunga vertenza legale intentata dai De Nobili nel 1883 per invalidare la vendita, nel 1912 la causa fu definitivamente vinta dal Municipio, che iniziò i lavori di trasformazione dell’edificio.
La Trasformazione Novecentesca: Dal Settecentesco al Neorinascimentale
Tra il 1933 e il 1935, e successivamente nel dopoguerra, il palazzo subì una radicale trasformazione che gli conferì l’aspetto attuale. La vecchia facciata settecentesca fu sostituita da una nuova in stile neorinascimentale, ispirata a:
- Palazzo Fazzari di Catanzaro
- Palazzo Valery di Bastia (Corsica), opera dell’architetto G. Poggi
La Nuova Facciata: Simbolo di Prestigio Civico
L’attuale prospetto è un trionfo di eleganza istituzionale:
- Bugnato al piano terra interrotto da aperture finestrate
- Cornice marcapiano che divide i due livelli
- Finestre del piano nobile con alternanza di timpani semicircolari e triangolari
- Asse centrale portale-balconata con balaustrata su modiglioni
- Stemma della città che corona il balcone centrale
- Cornicione modanato sorretto da mensole
La Corte: Un Capolavoro Neoclassico
Il cuore del palazzo rimane la corte centrale, dominata dal maestoso scalone a tenaglia voltato a botte e a crociera. Questo elemento architettonico, pavimentato in marmo bianco negli anni ’70 dell’Ottocento dal sindaco Francesco de Seta, funge da filtro tra la corte e la Villa Regina Margherita.
La facciata dello scalone mostra caratteri neoclassici con:
- Quattro paraste tuscaniche al piano terreno con trabeazione decorata a triglifi
- Quattro paraste ioniche al piano superiore
- Cornicione modanato che un tempo correva lungo tutta la gronda
Gli Interni: Arte e Potere
Il Salone di Rappresentanza
Il salone centrale è un trionfo di eleganza istituzionale, arricchito da:
- Arredi d’epoca di grande pregio
- Stucchi decorativi raffinati
- Soffitto a cassettoni in legno con lo stemma cittadino di Guido Parentela
- Ritratti a olio dei sindaci, opere di Andrea Cefaly e Tony Pileggi
La Sala del Consiglio: Un Affresco della Storia
La moderna Sala del Consiglio ospita un grandioso affresco che rappresenta “L’esaltazione della storia della città di Catanzaro nei suoi vari aspetti”. L’opera, realizzata tra il 1958 e il 1961, fu assegnata a Ugo Ortona ma materialmente eseguita da Tarcisio Bedini per motivi di salute del primo.
L’affresco si sviluppa su due parti:
- Parte centrale: 3,72 x 9,70 metri
- Parte laterale: 3,72 x 15,92 metri
Un Palazzo, Due Anime
Palazzo del Comune rappresenta la sintesi perfetta tra passato aristocratico e presente democratico. Dalle sale che ospitarono re Giuseppe Bonaparte agli uffici che oggi servono i cittadini, questo edificio incarna la trasformazione di Catanzaro da città feudale a capoluogo moderno.
La sua architettura racconta questa evoluzione: dalle proporzioni settecentesche pensate per una famiglia nobile alla facciata neorinascimentale che esprime la dignità delle istituzioni repubblicane. Ogni pietra, ogni decorazione, ogni ambiente porta i segni di questa trasformazione storica.
Un Simbolo Vivente
Oggi, mentre i cittadini catanzaresi attraversano il suo androne per raggiungere gli uffici comunali, o mentre il Consiglio si riunisce sotto il grande affresco che celebra la storia cittadina, Palazzo del Comune continua a essere quello che è sempre stato: il cuore pulsante di Catanzaro, il luogo dove si decidono i destini della città, dove il potere si mette al servizio della comunità.
Un edificio che ha saputo reinventarsi senza perdere la propria dignità, che ha trasformato l’eleganza privata in bellezza pubblica, che continua a rappresentare l’orgoglio civico di una città che guarda al futuro senza dimenticare le proprie radici nobiliari.
