Protostoria: Catanzaro nell’Età dei Metalli (10.000-2.000 a.C.)
Contenuto dell'articolo
Industria e commerci: miniera di creatività e crocevia mediterraneo
Fra tardo Neolitico ed età dei Metalli, Catanzaro emerge come centro protoindustriale chiave: il monopolio sulla Pietra verde di Calabria si rafforza, mentre l’Età del Rame vede il territorio sviluppare una florida attività estrattiva grazie alle miniere di Gimigliano Inferiore. A Petrusa, il ritrovamento di antichissime vaschette (databili all’8-7.000 a.C.) testimonia la raffinazione e fusione di rame già in epoca protostorica, e la locale capacità metallurgica.
Il rame, metallo strategico e prezioso, per secoli garantì prosperità e centralità commerciale alla regione; più tardi fu sostituito dal bronzo (lega di rame e stagno, introdotta dal III-II millennio a.C.), che consentì la produzione di oggetti più robusti e versatili, come cuspidi, fibule, anelli, rasoi, rinvenuti non solo nel comprensorio di Catanzaro ma anche a Tiriolo, Crichi, Squillace, Settingiano, Borgia, e nelle valli del Fallaco e del Corace.
Sfruttando la posizione privilegiata dell’istmo e la rete di miniere, Catanzaro mantenne nel tempo il suo ruolo di nodo commerciale tra i mercati dell’Egeo e quelli iberici (spicca il collegamento con l’industria cuprica dell’Almeria, Spagna). I mercanti orientali, attratti dal rame locale, stabilirono fondaci sulle rive del Corace: questo è il periodo in cui nasce la fama della città di Temesa (di cui parlano Omero e Ovidio), letteralmente “fonderia” in semitico, identificata con le miniere di rame del territorio.
Catanzaro era crocevia anche di una rotta nord-sud (Crati-Corace), che facilitava rapporti con popolazioni celtiche specializzate nell’arte dei metalli; in cambio di rame e prodotti locali, arrivavano oggetti, tecniche e materie prime (come lo stagno della Cornovaglia). Questa prosperità accompagnò la città fino allo scoppio della guerra di Troia, quando grandi mutamenti geopolitici invertirono rotte e fortune.
Influenze etniche e nuovi insediamenti: un mosaico di popoli
Nel corso dell’Età dei Metalli, le antiche popolazioni Neanderthal e Sapiens vennero progressivamente sostituite da genti “ariane” (proto-ariani/Indoeuropei), identificati, secondo le diverse tradizioni, come Enotri, Ausoni o Itali (discendenti dal leggendario re Italo). Posta all’incrocio delle grandi vie del commercio e delle migrazioni, Catanzaro accolse più ondate etniche: dopo un primo stanziamento di Ariani (III millennio a.C.), seguirono i proto-latini o latino-siculi, portatori di nuove tecniche agricole e navali. Questi insediamenti si estesero non solo a Catanzaro, ma anche al medio e basso Jonio.
Intorno al III millennio a.C., cominciò anche la prima colonizzazione ellenica: popolazioni provenienti dall’Egeo si stabilirono nell’istmo calabrese, integrandosi armoniosamente nella già avanzata civiltà locale e contribuendo a uno sviluppo spiccato di agricoltura e commerci. Tracce monumentali (steli funerarie micenee a Pirricagno e Tolo) testimoniano l’arrivo e la presenza di queste genti.
Le fonti classiche (Dionigi di Alicarnasso, Omero) aiutano a identificare questa area come la “terra dei Feaci” del mito omerico: secondo alcune interpretazioni, Ulisse stesso avrebbe attraversato l’istmo di Catanzaro, partendo poi dal Corace per Itaca, mentre Ogigia (isola di Calypso) sarebbe da localizzare nelle profondità tra Catanzaro e Reggio.
Da oriente arrivarono anche popoli semitici e oggetti d’influenza egizia, ritrovati lungo la costa del Corace. Il passaggio di commercianti, metallurghi e navigatori arricchì Catanzaro, rendendola snodo multietnico ante litteram del Mediterraneo.
Catanzaro nell’Età dei Metalli fu, dunque, crocevia di popoli e tecniche, laboratorio di innovazione artigianale e melting pot di culture, come testimoniano commerci, miti e manufatti oggi conservati nei musei e nei paesaggi dell’istmo calabrese.
