Chiesa del Carmine

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Chiesa del Carmine: nel cuore della Grecìa bizantina

Nel suggestivo quartiere della Grecìa, dove ancora oggi si percepiscono le tracce dell’antica Catanzaro bizantina, la chiesa di Santa Maria del Carmine sorge come testimone di una storia millenaria che intreccia Oriente e Occidente, tradizione greca e devozione latina. Questo complesso conventuale secentesco, edificato sui resti di un’antica chiesa greco-bizantina, rappresenta uno dei luoghi più affascinanti della città, dove l’arte barocca si fonde con memorie antichissime.

La Grecìa: dove nacque Catanzaro

Il quartiere della Grecìa conserva nel nome e nell’urbanistica la memoria del nucleo originario della città bizantina. Come rileva la storica Emilia Zinzi, qui è ancora percepibile l’antica trama viaria e individuabili i siti delle prime chiese dai titoli greci. Questo nucleo “greco” comprendeva i rioni di Santa Barbara, Tubolo e Grecìa, con le loro enorìe (parrocchie) di Santa Maria di Cataro, Santa Barbara, San Nicola di Pitinto, San Pantaleone di Zaro e San Nicola Favatà.

Quest’ultima, sede principale del clero greco, sorgeva secondo la tradizione proprio dove oggi si innalza la chiesa del Carmine, creando una continuità spirituale che attraversa i secoli e le culture.

Tracce dell’Islam a Catanzaro

Il quartiere conserva caratteristiche edilizie “popolari” che potrebbero risalire alla presenza islamica documentata nel X secolo. Permanenze linguistiche e architettonico-urbanistiche nei rioni della Vallotta e Santa Barbara testimoniano stratificazioni culturali che fanno di questa zona un palinsesto urbano di straordinario interesse storico.

La nascita del convento: tra devozione e storia

La fondazione del convento carmelitano si colloca tra il 1602 e il 1609, in un intreccio di date e tradizioni che riflette la complessità della storia catanzarese. Padre Giovanni Fiore attesta che nel 1602 il vescovo Giuseppe Piscuglio gettò la prima pietra “con concorso ed assistenza di tutta la nobiltà e popolo”, sotto la guida del padre maestro Giovanni Matteo di Alessandro, “religioso di molti talenti”.

Altri storici spostano la data al 1609, quando intorno a un’edicola con l’effigie della Madonna fatta eseguire da un devoto e benedetta da monsignor Orazi, crebbe il culto mariano fino a concepire “il disegno di fondare un convento”. Il luogo scelto non fu casuale: sorgeva “sul suolo occupato dagli avanzi della chiesa parrocchiale di S. Nicola di Favatà, sede del clero greco”.

Un particolare commovente lega la fondazione alla devozione popolare: “in un marmo, ancora rimasto in piedi per caso, si trovava una immagine di S. Maria del Carmine; che per devozione vi avea fatto dipingere Altobella Conestabile, parrocchiana di essa”.

Costruzione e trasformazioni

Nel 1612 la chiesa presentava già coro e dieci cappelle, ma non era ancora compiuta. Solo nel 1740, come documenta la Cronaca di G.B. Moio e G. Susanna, “a divozione dei cittadini, s’incomincia ad alzare la chiesa del Carmine, a farsi a volta stante che era sino al cornicione”. Non si trattò di una ricostruzione, ma della realizzazione della copertura a volta nella struttura secentesca.

Il terremoto del 1783 segnò una svolta: espulsi i frati, la Cassa Sacra incamerò i beni e, dopo aver restaurato l’edificio per 450 ducati, affidò la chiesa alla Confraternita eretta nel 1630 e alla parrocchia di Santa Maria di Cataro, qui trasferita dopo la distruzione della chiesa originaria.

Un’architettura che racconta secoli

La chiesa si presenta nel rifacimento settecentesco pur mantenendo l’impianto seicentesco voluto dal priore Giovanni Matteo D’Alessandro. Segue i normali schemi dei conventi mendicanti: pianta longitudinale con ampio coro, contigua al lato nord degli ambienti conventuali disposti attorno al chiostro.

La facciata subì radicali trasformazioni negli anni Cinquanta del Novecento, quando la semplice parete con affresco centrale fu completamente rivestita di lastre di travertino, cancellando l’aspetto originario.

Un interno ricco di tesori

La navata unica, affiancata da quattro cappelle laterali, presenta un presbiterio ampio e profondo. Un’aggettante trabeazione settecentesca percorre perimetralmente tutto l’ambiente, impostandosi su alte paraste composite. Nel 1740 fu creata una controsoffittatura a botte lunettata in canne, sostituita nell’Ottocento da una volta in figulini scandita da costolonature scanalate.

L’arco santo è decorato da stucchi tardobarocchi con medaglione centrale contenente lo stemma dell’Ordine dei Carmelitani Calzati.

Capolavori d’arte sacra

Ogni cappella ospita altari in muratura di gusto tardobarocco e rococò, impreziositi da tele di grande valore. Spicca l’opera di Francesco Colelli, pittore nicastrese della fine del XVIII secolo, raffigurante San Giuseppe con il Bambino Gesù, ai cui piedi sono rappresentati il martire Sant’Angelo di Sicilia e Sant’Alberto degli Abati di Trapani.

Significative anche le opere di Domenico Basile di Borgia (Madonna del Carmine del 1747) e di Domenico Leto (Pentecoste e Gesù Maestro), oggi conservate nel Museo Diocesano e nel Palazzo Arcivescovile.

La continuità greco-latina

A testimonianza della continuità spirituale tra la chiesa greca e quella latina, a destra dell’altare maggiore si trova l’effigie policroma in pietra e cartapesta di Santa Maria di Cataro, mentre a sinistra, in una cornice a stucco quadrilobata, è collocata la tela della Madonna del Carmine.

Tesori di artigianato sacro

Tra le opere più preziose si segnalano la cattedra lignea seicentesca completa di quattro sgabelli, con nella cimasa un piccolo dipinto attribuito al Colelli raffigurante la Madonna del Carmine, e soprattutto la celebre coltre funebre seicentesca in velluto catanzarese blu notte, ricamata in oro e argento con ricchissima decorazione a motivi floreali, girali acantiformi, grifoni e stemma carmelitano.

Quest’ultimo manufatto testimonia l’eccellenza dell’arte serica catanzarese e la sua applicazione all’arte sacra, creando opere di inestimabile valore artistico e devozionale.

Un patrimonio da valorizzare

La chiesa del Carmine rappresenta così un compendio straordinario della storia catanzarese: dalle origini bizantine alle trasformazioni barocche, dalla devozione popolare al mecenatismo nobiliare, dall’arte locale agli influssi napoletani e siciliani. Nelle sue mura si stratificano culture, epoche e sensibilità artistiche che fanno di questo luogo un patrimonio unico, testimonianza della capacità di Catanzaro di conservare e reinterpretare le proprie radici attraverso i secoli.

Oggi questo tesoro attende interventi di conservazione e valorizzazione che possano restituire alla città e ai visitatori la piena consapevolezza della ricchezza storica e artistica custodita nel cuore dell’antica Grecìa.
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