Chiesa del Santissimo Salvatore (Sant’Omobono)

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Chiesa del Santissimo Salvatore (Sant’Omobono)

Nascosta tra le antiche stradine del centro storico, all’imbocco dell’antica via dei Coppolari, sorge uno dei più enigmatici gioielli architettonici di Catanzaro. La piccola Chiesa del Santissimo Salvatore, arroccata su un ammasso roccioso, custodisce oltre otto secoli di storia in un involucro di pietra che continua a svelare sorprese agli studiosi.

Dal tempio del Sole al Salvatore: mito e storia si intrecciano

Le origini di questo luogo sacro si perdono nella leggenda. Gli storici locali tramandano che qui sorgesse un antichissimo tempio dedicato al Sole, eretto nella parte occidentale della città tra “folte boscaglie” che eccitavano “la follia dè Gentili”. I Greci bizantini avrebbero poi consacrato il sito al “Glorioso Nome del Salvatore”, trasformando il culto pagano in devozione cristiana.

La realtà documentata ci porta al **XII secolo**, quando questa piccola chiesa normanna divenne sede della Confraternita della Croce, poi sostituita nel XVII secolo dalla **Confraternita dei Sarti**, corporazione che qui officiava i propri riti fino al 1620, come attestato dal vescovo Fabrizio Caracciolo.

Un’architettura che sfida i secoli

Quello che colpisce il visitatore è l’**unicità architettonica** di questo edificio. Insieme alla chiesa di San Nicola di Morano, rappresenta l’ultima testimonianza dell’antica realtà urbanistico-medievale di Catanzaro, un frammento prezioso di un mondo perduto.

La **struttura** rivela una complessità inaspettata per le sue dimensioni contenute. Le sei arcate perimetrali – due sui lati lunghi, una sull’abside e una sull’ingresso – creano un ritmo architettonico che dialoga con il tessuto urbano circostante. Il **prospetto laterale** su via De Grazia mostra ancora intatti gli archi a tutto sesto con la caratteristica bicromia di laterizi e conci calcarei, intervallati da tre monofore cieche che si elevano oltre l’altezza degli archi stessi.

L’**ingresso**, preceduto da una suggestiva gradonata, presenta un arco a doppio giro di conci affiancato da un’alta monofora cieca. Al di sopra, una piccola trifora murata è sormontata dal tipico motivo decorativo normanno a **spina di pesce**, testimonianza dell’alta qualità costruttiva dell’epoca.

I segreti svelati dall’archeologia

Gli **scavi del 2001** hanno rivoluzionato la comprensione di questo edificio. Il ritrovamento di sepolture nelle parti sommitali dei muri perimetrali suggerisce un utilizzo come mausoleo o cappella funeraria, mentre altre tombe nell’aula centrale hanno restituito materiali che spaziano dal XII al XVIII secolo.

Particolarmente significativo il rinvenimento di **materiale ceramico** di produzione locale: dalle ceramiche a bande rosse del XII secolo alle maioliche, invetriate e terrecotte dei secoli successivi, incluse pipe, statuine e piastrelle maiolicate che raccontano la vita quotidiana dei fedeli.

Un palazzo o una chiesa? Il mistero dell’edificio a più livelli

Le **ricerche di Francesco Cuteri** hanno aperto scenari interpretativi affascinanti. Il notevole spessore dei muri perimetrali e la presenza di finestre mutile nelle parti alte suggeriscono un edificio originariamente articolato su **due o più livelli**.

L’ipotesi più intrigante è quella di un **palatium normanno** “alla moda siciliana”, simile ai “torreggianti palazzi” di Palermo descritti dal geografo arabo Idrisi. Il rapporto diretto che il primo livello aveva con l’esterno, sottolineato dalle sei grandi aperture, farebbe pensare a uno spazio pubblico: sala di rappresentanza, tribunale, mercato specializzato o fontana monumentale.

Tra terremoti e rinascite

La storia di San Omobono è segnata dalla resilienza. Il **terremoto del 1744** “precipitò affatto” la chiesa, come riportano i cronisti Mojo e Susanna. I segni di questa devastazione sono ancora visibili nel lato sinistro della struttura, più corto dell’altro per le ricostruzioni successive.

Durante il **decennio francese** l’edificio fu requisito come deposito munizioni, poi venduto nel 1827 per 320 ducati a don Luigi Varano per finanziare il restauro della Cattedrale. Solo nel 2001 l’Arcidiocesi ha riconquistato questo gioiello, avviando un progetto di recupero scientifico e funzionale.

Un unicum nel panorama medievale calabrese

Oggi San Omobono rappresenta un **unicum** nel panorama architettonico calabrese. Come sottolinea Emilia Zinzi, appartiene “alla tipologia bizantina di piccole unità sacre, riportabili ad una forma di cappella-oratorio, mononavata e orientata”, diffuse nel medioevo calabro durante la lunga presenza del rito greco.

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