Chiesa di San Francesco di Paola

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Chiesa di San Francesco di Paola: dove la Calabria venera il suo santo

All’estrema propaggine del colle di San Rocco, la chiesa di San Francesco di Paola si erge come uno dei luoghi più cari alla devozione calabrese. Questo complesso conventuale, nato dalla fede incondizionata dei catanzaresi verso il loro santo conterraneo, custodisce quasi cinque secoli di storia che intrecciano spiritualità, arte e orgoglio regionale in un racconto affascinante di devozione popolare.

Una fondazione tra storia e leggenda

Le origini del convento si collocano tra il 1577 e il 1581, quando i Padri Minimi decisero di stabilirsi definitivamente a Catanzaro. Come attesta padre Giovanni Fiore, “nel ’77 designata, e nell’81 principiata la fabrica”, data confermata dagli “Acta Capitulorum Generalium Ordinis Minimorum” che documentano l’accettazione ufficiale del convento catanzarese nel Capitolo di Barcellona del 1581.

Ma la storia è più complessa: fonti storiche dell’Ordine riportano che un primo impianto conventuale era stato costruito fuori le mura cittadine, nel luogo chiamato San Francesco Vecchio o San Biase, forse nell’attuale zona di Stratò. Solo successivamente i frati si trasferirono nell’attuale sede, nell’antico ristretto di Santa Tecla, crocevia tra i quartieri “latini” e “greci” della città medievale.

L’amore di una città per il suo santo

Ciò che rende unica questa fondazione è l’intenso legame spirituale tra Catanzaro e Francesco di Paola. La città e l’intera provincia sentivano il “Beato Francesco da Paola di Nation Calabrese” come parte della propria identità, celebrandolo come colui che “per favor del Signore co’ i suoi miracoli è illustrata sanando infermi e altri miracolosi fatti operando”.

Tanto forte era questa devozione che “L’Università & Huomini di Catanzaro” sposarono attivamente la causa di canonizzazione del santo, inviando nel 1517 – dieci anni dopo la morte del frate avvenuta il Venerdì Santo del 1507 – una lettera a papa Leone X per sollecitare il riconoscimento ufficiale della santità del taumaturgo calabrese.

Costruzione tra ostacoli e trionfi

La realizzazione della chiesa non fu priva di difficoltà. I primi problemi sorsero dopo il terremoto del 1638, quando il catanzarese padre Paolo Gaspa si adoperò perché la chiesa venisse “portata a termine e decorata”, dovendo superare l’opposizione delle vicine monache domenicane.

La svolta arrivò nel 1715, quando con atto pubblico la chiesa fu elevata di dodici palmi in accordo con le monache. Padre Gaspa fece arrivare da Messina un architetto per il progetto: nel 1720 fu stipulato un contratto con Gregorio Pilò di Borgia per il trasporto del marmo dal fiume Corace, nel 1722 arrivarono maestranze napoletane per gli stucchi, e finalmente nel 1727 la chiesa fu solennemente consacrata dal vescovo di Oppido fra Giuseppe Maria Perrimezzi, anch’egli dell’Ordine dei Minimi.

Un’architettura che parla di fede

La facciata attuale, probabilmente risalente alla fine del Settecento dopo i restauri post-sisma del 1783, presenta un prospetto di sobria eleganza neoclassica. Due piccole torri campanarie inquadrano un timpano aggettante decorato da fregi e cornici, sostenuto da paraste scanalate corinzie su alto basamento.

L’interno a navata unica con cappelle laterali rispecchia i canoni dell’architettura conventuale controriformista. Due cappelle per lato sono scandite da quattro paraste con capitelli compositi che sostengono una trabeazione su cui si imposta una volta a botte lunettata. Purtroppo, i recenti restauri hanno eliminato il suggestivo Responsorio di San Francesco di Paola dipinto a trompe-l’œil a finto mosaico: “CEDIT MARE SICULUM, SAXA SISTUNT PENDULA, REDDIT IGNIS PABULA, ET MORTUI RESURGUNT” (Il mare siculo si ritira, le rocce sospese si fermano, il fuoco restituisce il cibo, e i morti risorgono).

Il presbiterio neogotico: un gioiello d’arte

La parte più spettacolare della chiesa è il presbiterio, oggetto di “abbellimenti” tra il 1901 e il 1903 ad opera dell’industriale Tommaso Pudia e del commendatore Filippo Catanzaro. Secondo il gusto dell’epoca, fu costruito un nuovo altare maggiore in stile neogotico con fastigio in marmi policromi, al cui centro spicca la settecentesca statua processionale in legno del santo titolare.

L’arco santo è decorato da stucchi tardobarocchi con medaglione centrale contenente i simboli iconografici della palma e della torre, caratteristici di Santa Barbara, a ricordo dell’antica parrocchia qui trasferita dopo il terremoto del 1783.

Tesori d’arte e devozione

Tra le opere custodite nella chiesa spicca una pregevole tela settecentesca della “Madonna della Lettera”, importante testimonianza di un culto che si riscontra in Calabria a Palmi e in Sicilia a Messina. Significativa anche la tela raffigurante “Gesù nell’orto del Getsemani” di scuola pretiana.

Il tabernacolo dell’altare maggiore conserva un portellino proveniente dalla soppressa chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire dei Teatini, raffigurante una rara iconografia dei “Sacri Cuori” di Gesù, Maria e Giuseppe con lo stemma dell’ordine teatino.

La reliquia perduta

Vincenzo D’Amato nelle sue “Memorie” ricorda che i Padri Minimi custodivano in un “conditorio d’argento” il bastone del santo, che operava “una infinità di miracoli” soprattutto verso le partorienti, le quali “toccandolo, rimanevano libere da ogni pericolo”. Questa preziosa reliquia fu probabilmente portata via dai “Paolotti” quando lasciarono il convento nel 1809.

Un simbolo di identità calabrese

La chiesa di San Francesco di Paola rappresenta così molto più di un semplice edificio religioso: è il simbolo dell’orgoglio calabrese, del legame profondo tra una terra e il suo santo più illustre. Nelle sue mura si condensa la storia di una devozione che ha attraversato i secoli, superando terremoti, soppressioni e trasformazioni, mantenendo sempre viva la memoria di Francesco di Paola come gloria della Calabria e intercessore privilegiato presso Dio.

Oggi, questo patrimonio di fede e arte attende di essere pienamente valorizzato, perché possa continuare a testimoniare l’identità spirituale e culturale di una città e di una regione che hanno sempre saputo trasformare la devozione in bellezza duratura.

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