Chiesa di Santa Maria della Stella
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Descrizione attrazione
Chiesa di Santa Maria della Stella: dove l’arte incontra la devozione
Nel suggestivo quartiere da cui prende il nome, la chiesa di Santa Maria della Stella rappresenta uno dei gioielli del patrimonio artistico catanzarese. Questo complesso conventuale, nato dalla fede delle Clarisse Cappuccine nel XVI secolo, custodisce oggi capolavori pittorici di inestimabile valore e una storia che intreccia spiritualità, arte e trasformazioni sociali.
Una fondazione tra cronache e leggende
La fondazione del monastero si colloca tra il 1583 e il 1588, in un periodo di grande fervore religioso. Luise Gariano nella sua “Cronica di Catanzaro” del 1607 fissa la data al 4 novembre 1585, durante il pontificato di Sisto V e il vescovado di Nicolò degli Orazi, sotto il regno di Filippo II di Spagna. Vincenzo D’Amato precisa che i lavori si conclusero nel 1588, anno della canonizzazione di San Diego d’Alcalà, a cui fu dedicata la regola del monastero.
Il complesso sorse nell’antico ristretto della medievale parrocchia di San Nicola Coracitano, nel quartiere del Vescovato. La sua costruzione fu così significativa che l’intera zona, comprendente l’attuale Piano Grande dove ancora si ergono i palazzi Bianchi e Cricelli, prese il nome di “quartiere Stella”.
Trasformazioni barocche e splendori artistici
Nel XVII secolo, le suore del Terz’Ordine Francescano intrapresero ambiziosi lavori di ampliamento e abbellimento. Ingrandirono il convento, prolungarono la chiesa, rinforzarono le mura perimetrali e crearono sei arcate sotto le quali innalzarono altrettanti altari con fastigi lignei intagliati, “colonne soprastanti e dorature finissime”. Tracce di questi antichi splendori sono emerse durante i restauri del 1999: affreschi con cornicioni a ovuli e dentelli, decorazioni acantiformi e nastri che testimoniano la ricchezza decorativa originaria.
Dalle Clarisse alle “Verginelle”: una storia di rinascite
Il terremoto del 1783 segnò una svolta drammatica. Le monache, costrette a officiare in una “baracca” nel chiostro, abbandonarono definitivamente il convento nel 1790. Il decreto murattiano del 1813 trasferì qui il titolo parrocchiale di San Nicola Coracitano, mentre l’antico tempio medievale divenne l’Ospizio dei Trovatelli, popolarmente noto come “La Ruota”.
Una nuova vita iniziò nel 1822 quando il canonico Antonio Masciari fondò nel convento il Conservatorio delle Verginelle. La chiesa divenne così parrocchia e cappella dell’orfanotrofio, subendo nuovi adattamenti: fu creato un coro per le “educande” nel claristorio delle monache, ampliato dopo il 1922 da don Tommaso Pugliatti con una cantoria sostenuta da colonne decorate a finto marmo.
Un’architettura che dialoga con la tradizione
La facciata, simile per impostazione a quella di San Francesco di Paola, presenta un elegante equilibrio tra elementi classici e barocchi. Due lesene con capitelli corinzi inquadrano il prospetto, chiuso da un timpano aggettante su cui si ergono due piccoli campanili. Il portale, caratterizzato da paraste corinzie che sostengono una trabeazione con timpano spezzato, introduce a un interno di rara suggestione.
La navata unica, scandita da tre cappelle per lato, è dominata dal magnifico altare maggiore in legno dorato e argentato a mecca – unico esemplare del genere in città – sovrastato da un fastigio settecentesco in stucco con la tela dell’Assunta. Le paraste con capitelli compositi sostengono una trabeazione che percorre perimetralmente tutto l’ambiente, su cui si imposta una volta a botte lunettata decorata con costolonature scanalate.
Il tesoro del Cavalier Calabrese
Ma è nelle sei cappelle laterali che si nasconde il vero tesoro della chiesa. I fastigi lignei originali, opera di maestranze calabresi del tardo Rinascimento, custodiscono tele che nel 1845 fecero esclamere a Cesare Malpica: “Oh! t’ho finalmente trovato o Mattia Preti! Posso finalmente salutarti o Cavalier Calabrese.”
Al grande maestro di Taverna sono attribuite opere straordinarie: la Vergine del Rosario, la Deposizione dalla Croce, una copia delle Stimmate e dell’Arcangelo di Guido Reni, oltre a una Sacra Famiglia che Malpica definiva “con quei due vecchi divini, con quelle divine donne”. L’Assunta sull’altar maggiore viene descritta come “bellissima nella sua estasi”, con “una scintilla Raffaellesca” che anima il dipinto, mentre la Concezione è attribuita a Luca Giordano.
Tesori nascosti e devozioni popolari
Oltre ai capolavori pittorici, la chiesa custodisce una statua napoletana settecentesca di San Giuseppe, un prezioso organo in legno decorato da serti di rose, realizzato a Napoli nel 1774 da Nicola Mancini, e la statua di Santa Burgundofara (Santa Fara), la “santa della Divina Provvidenza”.
Il culto di Santa Fara era particolarmente sentito dalla comunità agricola: la sua statua veniva portata in processione fino a Bellavista, dove il sacerdote benediceva le messi. I simboli iconografici della santa – il pastorale, le spighe e il libro aperto con il versetto del Salmo 125 “Qui seminant in lacrymis in exultatione metent” (Chi semina nelle lacrime mieterà nella gioia) – richiamano il legame profondo tra fede e vita quotidiana.
Un patrimonio da riscoprire
Oggi la chiesa di Santa Maria della Stella rappresenta uno scrigno d’arte spesso sottovalutato nel panorama culturale catanzarese. Le opere del Preti, i fastigi lignei rinascimentali, l’organo settecentesco e l’intero apparato decorativo costituiscono un patrimonio di inestimabile valore che merita di essere riscoperto e valorizzato, testimonianza di una città che ha saputo coniugare fede profonda e raffinata sensibilità artistica.
