Chiesa di Santa Maria Maddalena
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Chiesa di Santa Maria Maddalena: dove la redenzione diventa arte
Nel cuore del centro storico catanzarese, affacciata su largo Raffaele Marincola Cattaneo, la chiesa di Santa Maria Maddalena racconta una delle storie più toccanti e singolari della città: quella di un luogo nato per la redenzione che si è trasformato in uno scrigno d’arte e spiritualità. Questo edificio cinquecentesco custodisce sei secoli di trasformazioni che rispecchiano l’evoluzione sociale e religiosa di Catanzaro.
Dalle orfanelle alle convertite: una metamorfosi spirituale
La storia inizia nel 1560, sotto il pontificato di Pio IV e il vescovado di monsignor Ascanio Geraldini, quando venne edificata la chiesa con il titolo di Santa Caterina. Come racconta Vincenzo D’Amato nel 1670, ospitava una confraternita così numerosa che “in occorrenza di feste hà numerato più volte mille congregati con abito” e gestiva “un seminario d’orfanelle, con Donne destinate ad insegnarle d’ago”.
Ma la vera svolta arrivò grazie alla predicazione di fra Tiberio da Milano, frate cappuccino la cui eloquenza convertì ventidue “donne di malavita”. Queste donne, trasformate dalla fede, furono accolte nel monastero che da allora prese il nome di “Monastero delle Convertite della Maddalena”.
Un asceterio rivoluzionario
Quello che nacque a Catanzaro, come già accaduto a Napoli, Venezia, Genova e Torino, non fu un semplice ricovero per pentite, ma un autentico asceterio religioso. Le ex meretrici diventavano vere religiose con i tre voti regolari più quello di stretta clausura, sotto l’influenza spirituale delle Cappuccine della Stella e la regola del terz’ordine francescano.
Nel 1664, la badessa suor Caterina Soda da Cellara pubblicò le costituzioni approvate dal procuratore generale dei Cappuccini. Le regole erano durissime, ma la trasformazione spirituale era autentica, come testimonia la tela conservata nel Museo Diocesano raffigurante Cristo che, portando la croce, indica la scritta “CORAGGIO FIGLIA CORAGGIO”.
Una consacrazione solenne
Il 23 aprile 1690, monsignor Francesco Gori consacrò solennemente la chiesa, come ricorda la lapide ancora murata all’ingresso: “ANNO DO.NI MDCXC DIE VERO XX APRILIS ECCLESIA HAEC CONSECRATA FUIT AB ILL.mo ET REV.mo D?.INO D. FRANCISCO GORI EPI.P? CATAC? ABBATISSA B. SOR D. DOMENICA DE AZNAR”.
Da monastero a parrocchia: le vicissitudini storiche
Le soppressioni napoleoniche del 1784 e 1810 segnarono la fine dell’esperienza monastica originaria. Nel 1796 la chiesa fu riaperta al culto e vi fu trasferita la parrocchia di San Biagio. Nel 1875, quando l’antica chiesa medievale di San Biagio fu abbattuta, il parroco don Rosario Costanzo ottenne dal Comune la proprietà definitiva dell’edificio, che assunse il titolo di “San Biagio alla Maddalena”.
Nel 1862, le monache domenicane espulse dal convento di San Rocco presero possesso della Maddalena, portando con sé mobili, campane e preziose opere d’arte, tra cui la copia settecentesca della Madonna del Rosario di Dirck Hendricksz e le tele di San Domenico di Soriano.
Rinascita novecentesca
Dopo essere stata utilizzata come alloggio militare durante la Prima Guerra Mondiale, la chiesa conobbe una splendida rinascita negli anni ’30. Il parroco don Giovanni Apa, con fondi municipali e offerte dei fedeli, commissionò al pittore Antonio Grillo di Pizzo Calabro (nipote del celebre Carmelo Zimatore) un ciclo di affreschi straordinario: Santa Chiara e Maria Maddalena sulla volta, i Cori degli Angeli sulla cupola, i quattro Dottori della Chiesa nelle vele dei pilastri.
La facciata fu rifatta nel 1930 in stile neoclassico, con coppie di paraste corinzie che sostengono un’alta trabeazione e un timpano aggettante, creando un prospetto di sobria eleganza.
Un interno che stupisce
L’architettura interna rispecchia i canoni delle chiese conventuali tardocinquecentesche: navata unica con due cappelle per lato e profondo presbiterio sormontato da cupola. L’altare maggiore rappresenta un capolavoro dell’arte sacra settecentesca: commissionato nel 1768 per 400 ducati dal Procuratore delle Convertite Pietro Donato ai napoletani Silvestro e Giuseppe Troccoli, fu realizzato in marmi policromi con dimensioni pari a quelle dell’altare della Cattedrale.
Al centro della nicchia absidale troneggia la statua in cartapesta di San Biagio, di manifattura leccese, che sostituì l’antica dedicazione alla Maddalena quando la chiesa divenne parrocchia.
Tesori di seta e devozione
Il patrimonio artistico della chiesa include preziose testimonianze dell’arte serica catanzarese, con particolare riferimento ai ricami realizzati dalle stesse monache francescane. Spiccano due pianete gemelle: una in taffettà di seta rosa ricamata in oro, argento e sete policrome (conservata in sagrestia), l’altra in Gros de Tours laminato in oro (esposta nel Museo Diocesano).
Tra le altre opere significative si ricorda la settecentesca statua di San Raffaele e la Madonna delle Grazie, pala d’altare dell’antica chiesa parrocchiale di San Biagio.
Un simbolo di redenzione
La chiesa di Santa Maria Maddalena rappresenta così un unicum nel panorama religioso catanzarese: nata per accogliere chi la società aveva emarginato, si è trasformata in un luogo dove arte e spiritualità si fondono in un messaggio universale di redenzione e speranza. Le sue mura custodiscono la memoria di donne che hanno saputo trasformare la propria vita, di artisti che hanno messo il loro talento al servizio della fede, di una comunità che ha sempre saputo accogliere e valorizzare chi cerca una seconda possibilità.
Oggi, questo patrimonio di storia e arte attende di essere pienamente riscoperto e valorizzato, perché possa continuare a testimoniare la capacità di Catanzaro di coniugare tradizione religiosa, sensibilità artistica e attenzione sociale in un equilibrio unico e prezioso.
